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Discovery Kenya 2020 – Day 2

Direzione Kaptagat.

Sveglia presto, partenza ore 7 per congiungerci al gruppo di atleti di Kaptagat ad una ventina di minuti da Eldoret. Percorriamo lunghe strade asfaltate, lingue nere sulla terra rossa. Ai lati la vita si sta svegliando, qualche negozio si prepara ad aprire, le donne a piedi si recano al lavoro, moto con un numero di passeggeri a volte incalcolabile sfrecciano al nostro fianco e i bambini, anche piccolissimi, con zaini più grandi di loro, percorrono strade isolate da tutto e da tutti per chilometri.  “Ma quanto devono camminare per arrivare a scuola?” ci chiediamo tutti.
Dopo una mezz’ora l’asfalto lascia il posto alla terra rossa e ai lati della strada affianchiamo i primi gruppetti di runner che si allenano. Alberto (Urbanproduzioni), che ha già partecipato a Discovery Kenya, ci racconta che i ciuffi d’erba folta e alta al centro della carreggiata servono per indicare le distanze e aiutare gli atleti nelle ripetute.

L'allenamento degli atleti.

Incontriamo gli atleti che si apprestano ad iniziare il training mattutino. Cameraman, fotografi e giornalisti si dividono su 3 minivan con gli ospiti – accompagnati dalla Jeep del Dr. Rosa e da quella degli allenatori – per produrre ognuno in autonomia i proprio materiali senza intralci e senza sovrapporsi. Il Dr. Rosa l’ha ribadito più volte, ci tiene particolarmente a lasciare tutti indipendenti e liberi di raccontare Discovery Kenya così come lo vedono e percepiscono.

E inizia la corsa dei minivan al fianco degli atleti, la terra rossa è bagnata e per nulla polverosa, così che possiamo corrergli al fianco senza disturbarli eccessivamente. Camere e macchine fotografiche si sporgono dai tetti delle vetture e dai portelloni aperti facendo attenzione a non balzare fuori con tutta l’attrezzatura alla prima buca. È anche questa per noi una grande avventura.

È affasciante vederli correre e divertente sorpassarci, seguirli, anticiparli e allungare di qualche centinaio di metri avanti per scendere al volo dai mezzi e prepararsi per gli scatti nei punti più suggestivi per cercare le immagini che rendano merito al loro gesto atletico e a questa terra favolosa.

Se Africa e Kenya sono per molti sinonimi di sole, oggi sembra di stare in Scozia. Più i saliscendi ci portano in alto, più la nebbia ci avvolge in un clima onirico e magico. Mai avremmo immaginato di scattare in un panorama così, ma nessuno di noi rimpiange il sole.

Il training camp più bello d'Africa: Kaptagat.

24km di allenamento per poi rientrare al camp, il più bello di tutta Africa e anche se non ne abbiamo visti altri non è difficile da credere. Uno stile inglese ordinato, immerso nel verde e nella calma con gli alloggi per gli atleti, la palestra e la fisioterapia. 

Facciamo colazione con loro, ormai iniziamo a conoscere i sapori keniani e il cuoco del training camp non ci delude affatto proponendoci:

  • Chapati swahili: un pane proveniente dalla tradizione indiana ma adottato a tutti gli effetti dal Kenya, tanto che lo si trova ovunque, dai ristoranti più rinomati allo street food. C’è chi lo mangia così com’è, chi lo accompagna con della marmellata e chi lo avvolge con la frittata preparata dal cuoco,
  • Chai Kenyan Tea: anche qui si avverte l’influenza del Medio Oriente e dell’India, dovuta al redditizio e secolare commercio di schiavi orientali del settimo secolo. Si tratta di tè e latte, ma non all’inglese, bensì si unisce acqua e latte, lo si porta quasi ad ebollizione e solo dopo si aggiunge la miscela del tè e lo si filtra prima di servirlo. Per la ricetta completa puoi vedere qui,
  • Omelette: è un must per le nostre colazioni ed il cuoco del camp si è davvero superato. In Kenya la preparano unendo anche delle verdure verdi e pomodori tagliati a cubetti molto piccoli. Sono davvero un modo gustoso e saporito per iniziare la giornata.

Approfittiamo di questa calma per qualche scatto istituzionale ai runner, qualche chiacchiera e i racconti appassionati del Dr. Rosa.

Di fronte al camp c’è un resort dove ci fermiamo per il pranzo, davvero un’oasi di pace, per poi ripartire per il view point sulla Rift Valley. E nonostante le nuvole non vorremmo più ripartire. L’occhio si perde nella vallata e l’aria è fresca e buona, sa di primavera e di Africa.

Decidiamo di visitare il mercato di Eldoret, un tripudio di colori, odori e rumori. Gran parte dedicato a frutta e verdura e in ogni caso restiamo sempre noi le attrazioni principali. È infatti impossibile perderci, siamo gli unici europei, tutti ci guardano curiosi.

Curiosità keniane.

Ci sono degli aspetti folkloristici che iniziamo a notare di questo paese. Notare la sua particolarità culturale ci affascina e sui trasferimenti in minivan o a tavola ce li raccontiamo e condividiamo le nostre impressioni.

  • Molti di noi si immaginavano un’Africa selvaggia, dove la natura nella sua spontaneità facesse da padrona. Invece i keniani mettono una cura quasi maniacale nel verde, con prati all’inglese e piante curate nei minimi dettagli,
  • Fritto, ovunque: numerose portate keniane prevedono la frittura. E noi che già pensavamo ad una vacanza attiva e sportiva, dobbiamo fare i conti con la gola e allargare la cinta dei pantaloni. La dieta la faremo quando torneremo a casa.
  • Mai sedersi negli ultimi posti del minivan: se pur è cresciuta la percentuale di strade asfaltate, anche quando non ci sono le buche dei percorsi offroad o delle strade in terra rossa, ci pensano i dossi a farti sobbalzare pesantemente sul sedile. Sedersi in fondo equivale ad essere spacciati! Soprattutto per i più alti.
  • Le insegne e i commercial non sono mai su cartelli e cartelloni o simili. Brand, slogan pubblicitari e vere e proprie campagne promozionali sono direttamente dipinte sui muri dei negozi e degli edifici con grande maestria.
  • Sempre di derivazione inglese probabilmente, i keniani sono dei pubblicitari nati. I loro slogan e claim sono curati, raffinati e non possono non invogliarti a comprare.

Credits:

Testi: Francesca Valenti
Immagini: Max Verdino, Francesca Valenti
Video: Alberto Malinverni

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